I mesi trascorsi in isolamento a causa dell’emergenza sanitaria sono stati complessi per tutti, ma per chi soffre di disagio psichico hanno presentato delle difficoltà particolarmente dure da superare, difficoltà che non sono ancora terminate. Il nostro Centro Diurno Attivamente dai primi di marzo non ha più potuto riaprire le sue porte. Per gli utenti è stato portato avanti il supporto a domicilio, ma l’interruzione improvvisa dei percorsi e delle attività individuali e di gruppo nel nostro Centro e l’assenza di segnali per una possibile riapertura, ha reso la situazione particolarmente critica per i nostri utenti e le loro famiglie.
“Il nostro centro è chiuso dal 9 marzo.- racconta Andrea Pesce, Responsabile Organizzativo del Centro Diurno Attivamente – In quei giorni abbiamo concluso velocemente le attività di assemblaggio che facciamo conto terzi, per poter chiudere le lavorazioni per le aziende. Da lì fino al 4 maggio con tutti i nostri utenti abbiamo mantenuto un rapporto costante, attraverso telefonate, videochiamate individuali e di gruppo, abbiamo realizzato dei video tutorial da seguire a casa per eseguire esercizi che li facessero stare meglio. Dopo il 4 maggio abbiamo mantenuto le attività di gruppo da remoto, e abbiamo avviato gli interventi domiciliari con tutti i nostri utenti: andavamo a casa loro, con chi se la sentiva uscivamo per passeggiare e parlare, abbiamo cercato di portare avanti quel percorso iniziato al centro Diurno. Qui al Centro Diurno abbiamo accolto le persone che più necessitavano di uscire di casa e di svolgere un’attività strumentale in ambiente socializzante: il nostro obiettivo principale era interrompere l’isolamento e riprendere a vivere, evitare loro il ricovero. Con il tempo poi anche alcuni tirocini sono ripartiti, insomma la situazione si è un po’ allentata, ma comunque ancora oggi non ci viene fornita alcuna indicazione certa rispetto alla riapertura. Questo è molto frustrante per noi, ma è soprattutto dannoso per i nostri utenti: venire qui al Centro, magari in autonomia con i mezzi pubblici, rispettare degli orari, fare delle attività di gruppo, relazionarsi e socializzare con gli altri, sono tutti elementi fondamentali del percorso di riabilitazione psichiatrica. Fortunatamente nessuno di loro è stato ricoverato in questo periodo e questo vuol dire il lavoro di noi operatori è stato veramente buono e utile, ma questa situazione di continua attesa e sospensione non sta facendo bene né a loro né alle loro famiglie”
“Questi mesi hanno richiesto un impegno straordinario da parte dei nostri servizi – sottolinea il coordinatore generale di Gruppo Polis Roberto Baldo – abbiamo cercato nuove modalità per assistere i nostri utenti e se nell’ambito della disabilità questo ha funzionato bene, per la salute mentale non abbiamo ricevuto sufficienti indicazioni o indicazioni molto restrittive. La salute mentale è stata trascurata rispetto alle possibilità che c’erano. Penso che il problema principale sia stata una struttura burocratica eccessivamente intricata e la preoccupazione da parte dei funzionari pubblici nel non correre rischi più che nel rispondere ai bisogni delle persone.
Quello che ci preoccupa maggiormente nel futuro è la ripresa del regime ordinario e la tenuta. Come ogni realtà imprenditoriale abbiamo messo in gioco tutte le possibilità che avevamo per essere operativi, parliamo di risorse umane ed economiche importanti. Ma con il persistere di una situazione nebulosa e poco chiara, che lascia pochi segnali alla speranza di una riapertura imminente, temiamo che si prendano maggiormente in considerazione le possibilità di risparmio da parte dell’ente pubblico rispetto alle necessità reali e urgenti di chi soffre di un disagio psichico e ha bisogno di riprendere i percorsi e le attività lasciate in sospeso.”